El Fornaro
Il pane era in passato un cibo quasi di lusso, dal momento che la base dell’alimentazione era la polenta.
Non lo si andava a comprare giorno per giorno dal fornaio, ma ogni famiglia trasformava in pane la farina del proprio grano.
Il forno per fare il pane era proprietà di una contrada o di una famiglia, oppure era quello del fornaio. Nel primo caso veniva usato a turno dagli abitanti della contrada, nel secondo caso ci si metteva d’accordo col fornaio per l’utilizzo del forno.
La cottura del pane (dai 20 ai 40 chili), che avveniva in famiglia in genere ogni 20-30 giorni, era un avvenimento insolito e festoso.
La massaia preparava l’impasto la sera precedente, con la levà, ovvero la pasta di pane lievitata, la farina e acqua. L’impasto veniva posto nella meséta avvolto con una coperta e tenuto al caldo vicino al camino oppure nella stalla, per favorire la lievitazione, per tutta la notte. Al mattino il pastone lievitato veniva impastato e quindi tagliato per formare le ciope e ciopete. Le ciope venivano poste a lievitare per qualche ora su tavole e, quando il forno era ben caldo, vi si introduceva, con una pala lunga e sottile, il pane.
La porta del forno veniva chiusa e si controllava il procedere della cottura attraverso uno spioncino.
Dopo un’ora o due, a seconda della temperatura del forno, il pane era cotto e lo si poteva levare.
Passato un giorno o due il pane diventava duro e, per tagliarlo, si doveva ricorrere al tajapan.
Tratto da: Civiltà rurale di una valle veneta- la Val Leogra , AAVV 1976